I “numeri” sono incoraggianti. Con un trend in crescita. Poco meno del 40 per cento in più rispetto alla produzione dello scorso anno. Nonostante le mille difficoltà legate alla carenza di pascolo e all’emergenza determinata dal Covid. In questi giorni si è conclusa la campagna di caseificazione per la produzione del rinomato formaggio ragusano dop. Il processo di caseificazione è legato alla presenza delle essenze foraggere e dei pascoli, soprattutto spontanei, oltre che dalla diversa caratterizzazione dei territori in funzione all’altitudine ed alla entità e continuità delle piogge: dall’altopiano alle zona più a valle e fino ai territori più vicini al mare. Il disciplinare di produzione prevede che l’alimentazione delle bovine  deve essere costituita prevalentemente da essenze spontanee ed erbai dell’altopiano ibleo. L’organismo di controllo e di certificazione è al lavoro per “testare” il formaggio – dopo tre mesi di stagionatura – e rilasciare il nulla osta per la marchiatura a caldo. Un’annata, come detto, caratterizzata da tante criticità, non ultimo il blocco delle vendite nei canali Horeca,  che hanno messo a dura prova le aziende zootecniche. “Il consorzio di tutela del formaggio ragusano dop è al lavoro – spiega il direttore Enzo Cavallo – per nuovi canali di vendita. Siamo certi che presto si avranno delle opportunità importanti per i nostri produttori e per l’intera filiera. L’obiettivo è di aumentare le vendite dirette e di offrire un nuovo strumento di business in linea con le moderne abitudini di acquisto. E non solo. Il consorzio ha aderito al Dos (Denominazione Origine Siciliana) la prima associazione costituita da ben 18 soggetti tra consorzi di tutela associazioni e filiere produttive che stanno adottando il marchio QS-Qualità Sicura, garantita dalla Regione Siciliana”.

 

 

 

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